Il Deep Web e il Dark Web sono due concetti spesso confusi, avvolti da un alone di mistero e disinformazione. Mentre il primo rappresenta semplicemente la parte di Internet non indicizzata dai motori di ricerca (come per esempio le nostre mail o messaggi), il secondo è un sottoinsieme nascosto, accessibile solo attraverso strumenti specifici come Tor. Ma cosa si nasconde realmente dietro queste reti? E come funzionano dal punto di vista tecnico?
Ogni giorno, senza rendercene conto, navighiamo nel Deep Web. Si tratta di tutto ciò che non è raggiungibile attraverso una semplice ricerca su Google: email, account bancari, database aziendali, chat private. Insomma, qualsiasi contenuto protetto da login fa parte di questa enorme porzione di Internet.
Il malinteso nasce quando si confonde il Deep Web con il Dark Web, che invece è una piccola frazione oscura e intenzionalmente nascosta, progettata per “garantire” l’anonimato.
Il vero “lato oscuro” di Internet è la Darknet, una rete parallela accessibile solo con software specializzati come Tor, I2P o Freenet. A differenza del web tradizionale, qui i siti non hanno domini come .com
o .org
, ma indirizzi .onion
generati crittograficamente.
Tor, acronimo di The Onion Router, sfrutta una tecnologia chiamata onion routing (instradamento a cipolla) per garantire l’anonimato. Il principio è semplice: invece di connettersi direttamente a un server, il traffico passa attraverso una serie di nodi crittografati, ognuno dei quali conosce solo il nodo precedente e quello successivo.
Immagina di inviare una lettera in una busta sigillata, che viene poi inserita in un’altra busta, e poi in un’altra ancora. Ogni intermediario apre solo il livello che gli compete, senza mai vedere il contenuto finale. Allo stesso modo, Tor incapsula i dati in strati di crittografia, rendendo quasi impossibile risalire all’origine della connessione.
I siti .onion
non funzionano come quelli tradizionali. Non esistono server con indirizzi IP pubblici, né sistemi DNS che ne facilitino l’accesso. Invece, ogni servizio nascosto genera una chiave crittografica da cui deriva il suo indirizzo.
Quando un utente vuole accedere a un sito .onion
, la richiesta viaggia attraverso una serie di nodi fino a raggiungere un punto d’incontro (rendezvous point), dove client e server stabiliscono una connessione sicura senza mai rivelare le rispettive identità. Questo meccanismo rende estremamente difficile – anche per chi gestisce il server – scoprire chi lo sta visitando.
A differenza dei normali siti web, che risiedono su server conosciuti (come AWS o Google Cloud), i servizi .onion
sono spesso ospitati su:
Molti di questi server sono gestiti da organizzazioni criminali, ma non mancano esempi legittimi, come i mirror di BBC News o ProPublica, accessibili in Paesi con censura.
Navigare nel Dark Web non è illegale di per sé, ma è un ambiente ad alto rischio:
Se sei un giornalista, un ricercatore o un attivista, il Dark Web può essere uno strumento prezioso per bypassare la censura. Ma per l’utente medio, i pericoli superano di gran lunga i benefici.
Il Deep Web, invece, è semplicemente la parte “invisibile” ma innocua di Internet che usiamo ogni giorno. La prossima volta che controlli la mail o accedi all’home banking, ricorda: anche tu stai navigando nel Deep Web.
Se vuoi approfondire, visita Tor Project o leggi le nostre guide su Hackerlog.net. E ricorda: la curiosità è lecita, ma la prudenza è d’obbligo.
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